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Il serpente e l’antidoto: una lezione sulle relazioni

 

Il serpente e l’antidoto: una lezione sulle relazioni

Se un serpente ti morde, che fai?
Lo insegui per chiedergli perché lo ha fatto?
Pensi davvero che, se ti spiegasse le sue ragioni, smetterebbe di mordere?
O che, capendo meglio il Tuo dolore, smetterebbe di iniettare veleno negli altri?

No. Cerchi subito un antidoto.
Perché il problema non è il serpente, ma il veleno che ti lascia dentro.

Lo stesso accade nelle relazioni.
Quando qualcuno ti ferisce, ti delude o tradisce la tua fiducia,
la mente corre subito a cercare spiegazioni:

“Perché mi ha fatto questo?”
“Cosa ho sbagliato io?”
“Magari cambierà…”

Ma il punto non è capire il serpente.
È disattivare il veleno emotivo che ti scorre dentro:
rabbia, rancore, dipendenza, nostalgia, illusioni.

(Queste emozioni non elaborate mantengono attivo il sistema di allarme biologico:
il corpo produce cortisolo, l’ormone dello stress,
e rimane bloccato in modalità “attacco o fuga”.
È qui che iniziano a comparire i sintomi psicosomatici o MUS:
tachicardia, insonnia, tensione cervicale, stanchezza cronica, disfunzioni digestive o perdita di equilibrio interiore ed emotivo.

 

Non puoi amare per due

Molte persone, dopo essere state ferite, restano imprigionate in un ciclo di attesa.
Continuano ad amare come se bastasse la loro forza a salvare la relazione.

Ma non puoi amare per due.

Non puoi guarire chi non vuole guarire.
Non puoi costruire una casa dove l’altro continua a demolire le fondamenta.
Non puoi colmare il vuoto di chi non è disposto a guardarsi dentro.

Amare per due significa consumarsi,
spendere tutta la propria energia nel tentativo di mantenere in vita qualcosa
che dovrebbe respirare grazie a due cuori, non a uno solo.

L’amore non è sacrificio: è reciprocità.
È un cammino di due persone che scelgono di esserci,
non una sola che trascina l’altra.

Il vero amore è co-creazione, non salvezza.
Non nasce dal bisogno di guarire l’altro,
ma dalla libertà di camminare insieme nella stessa direzione.

(E quando questo equilibrio manca, il corpo lo percepisce:
l’asse dello stress si attiva, il ritmo cardiaco perde variabilità,
il sistema nervoso autonomo si irrigidisce.
Si perde la capacità di recuperare, di dormire bene, di digerire in armonia,
e persino di mantenere l’equilibrio posturale e mentale.
Il cuore e il corpo parlano sempre la verità prima della mente.)

 

Trasforma il veleno in consapevolezza

Guarire non significa dimenticare.
Significa lasciare andare l’illusione del “perché”
e tornare a prenderti cura di te.

Perché il serpente farà sempre il serpente.
Ma tu puoi scegliere di non restare a farti mordere.

Puoi diventare l’antidoto (o cercarlo).
Trasforma il veleno in consapevolezza, libertà e amore per te stesso.

Perché il vero antidoto non è capire l’altro,
ma ricordare chi sei tu quando smetti di inseguire il dolore.

(Il corpo si rigenera quando si spegne la risposta da stress.
La frequenza cardiaca si armonizza,
il respiro si fa profondo,
il sistema parasimpatico — guidato dal nervo vago
riattiva la guarigione, il riposo, l’intuizione.
È in quel momento che il veleno si trasforma in saggezza biologica e spirituale.)

 

La rigidità e il perdono

Molti non riescono a guarire perché restano rigidi,
bloccati nella corazza del dolore,
nella convinzione che perdonare significhi giustificare.

Ma perdonare non è scusare l’altro:
è liberare sé stessi dal veleno che continua a circolare dentro.

La rigidità è la risposta del corpo e dell’anima
a un dolore che non si è ancora lasciato andare.
È il collo teso, il petto chiuso, il respiro corto:
il segno di un cuore che trattiene,
di un sistema nervoso che resta in allerta,
come se il pericolo non fosse mai passato.

(La muscolatura si contrae, la postura cambia,
l’equilibrio si altera.
La persona può avvertire vertigini, dolori migranti, stanchezza,
o una sensazione di disconnessione dal corpo.
Sono segnali che il sistema neurovegetativo ha perso flessibilità —
che il corpo è ancora nel passato, anche quando la mente vuole andare avanti.)

Quando l’emozione non trova voce, diventa tensione.
E così il corpo parla al posto dell’anima:
con mal di testa, bruxismo, reflusso, tachicardia o disturbi intestinali.

Sono i sintomi psicosomatici dello stress,
le tracce di un corpo che cerca equilibrio,
di un cuore che chiede di essere ascoltato.

Il perdono è movimento.
È il momento in cui lasci che l’energia torni a fluire,
in cui smetti di essere prigioniero di ciò che è stato.

Non perdoni per l’altro — perdoni per ritrovare te stesso.
Perché quando resti rigido, il veleno resta con te.
Quando scegli di perdonare, l’antidoto inizia ad agire.

E allora il serpente non ha più potere.
Resta solo la saggezza di chi ha imparato
a trasformare il dolore in presenza,
la ferita in coscienza,
la paura in libertà. 💫

 

Ricorda

Il serpente non cambia, ma tu sì.
E quando scegli di cambiare prospettiva,
il veleno non ti appartiene più.

(È in quel momento che il corpo ritrova il suo equilibrio:
il respiro si apre, il battito si calma,
e la mente torna a vedere con chiarezza.
È il segno che l’antidoto — il per
dono, la consapevolezza, l’amore per sé 
ha iniziato a funzionare.)

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