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Perché non basta dare la colpa all’ernia o alla protrusione

Perché non basta dare la colpa all’ernia o alla protrusione

Molti pazienti con dolore cervicale o lombare si affidano a risonanze, TAC e lastre e finiscono per attribuire tutto alla “protrusione” o all’“ernia”.
La realtà clinica è molto più complessa: le alterazioni radiologiche sono frequentissime anche in persone senza dolore.

L’immagine è solo un pezzo del puzzle e va sempre integrata con lo stile di vita, il sistema nervoso autonomo, il microbiota, la respirazione e la qualità del sonno.

Le protrusioni non spiegano tutto

Ci sono persone con più ernie che non hanno alcun dolore e altre con piccole protrusioni che soffrono moltissimo.
L’imaging va sempre correlato ai sintomi e alla funzione, non interpretato da solo (Jensen et al., NEJM 1994; Boden et al., JBJS 1990).

Lo stile di vita come radice nascosta

Il dolore persistente nasce spesso da un corpo in allarme cronico:

  • stress e iperattività ortosimpatica che aumentano il tono muscolare e la compressione,
  • sedentarietà e posture ripetitive che riducono la nutrizione dei dischi,
  • alimentazione disordinata con conseguente disbiosi e infiammazione di basso grado,
  • scarso recupero vagale che impedisce la discesa dei segnali di dolore,
  • sonno povero che riduce la capacità di riparazione tissutale.

E se ti chiedessi: ma porti tutto il giorno un sacco di cemento sulle spalle?

È così che vivono i tuoi muscoli, in contrazione continua.

Questa compressione costante crea protrusioni ed ernie.

E sai perché la prima vertebra cervicale si chiama Atlante?
Come il gigante della mitologia, sembra portare sulle spalle il peso del mondo. Allo stesso modo, molti portano il peso della vita: pensieri, preoccupazioni, responsabilità che tengono i muscoli sempre contratti e il corpo sotto pressione.

E perché non si “seccano” da sole le ernie? 

Perché il sonno è disturbato. 

Lo stress diurno si riflette sul sistema nervoso, disturba il riposo e impedisce all’organismo di completare i processi di autoriparazione: le ernie non vengono riassorbite e i dischi non si reidratano.

E se ti dicessi che spesso respiri solo con il collo? In questo caso ogni respiro solleva la gabbia toracica con sforzi enormi, irrigidendo ancora di più cervicale e muscoli accessori.

Microbiota e asse intestino–disco

La ricerca sta chiarendo un collegamento diretto tra intestino e disco intervertebrale. Il microbiota può influenzare la degenerazione del disco attraverso vie infiammatorie e metaboliche. Studi recenti (Sun 2024; Geng 2023; Liu 2025; Yao 2023; Aboushaala 2024) suggeriscono che persino il trapianto di microbiota fecale in modelli animali protegge i dischi da degenerazione.

Macrofagi, infiammazione e rigenerazione

Nel disco degenerato si osserva un accumulo di macrofagi. La differenza sta nella loro polarizzazione: M1 pro-infiammatoria o M2 riparativa. Alcuni interventi, come la melatonina (prodotta dall’organismo) in modelli sperimentali, riducono la quota M1 e favoriscono la riparazione (Koroth 2023; Dou 2025). Questo conferma che l’ambiente neuro-immuno-metabolico e la qualità del sonno hanno un impatto decisivo.

Vago e riflesso colinergico anti-infiammatorio

Il nervo vago è una delle principali vie per calmare l’infiammazione attraverso il riflesso colinergico. Evidenze cliniche e precliniche (Pavlov 2012; Martelli 2014; Kelly 2022; Schiweck 2024) mostrano che potenziare il tono vagale riduce la risposta infiammatoria. Respirazione lenta, recupero e gestione dello stress sono quindi veri strumenti terapeutici.

Sonno profondo e manutenzione dei dischi

I dischi intervertebrali si reidratano durante il sonno. Di notte, con il carico ridotto, assorbono acqua e soluti e al mattino risultano più alti e flessibili (Roberts 1998; Jentzsch 2020; Hamaguchi 2023). Se il sonno è povero, questo processo si compromette, lasciando i dischi più rigidi e vulnerabili.

In sintesi operativa

L’ernia o la protrusione non sono quasi mai la vera causa del dolore, ma la conseguenza di un terreno fatto di muscoli perennemente contratti, infiammazione silente e mancato recupero. Lavorare su stile di vita, microbiota, nervo vago, respirazione e sonno permette di riattivare i processi di riparazione e ridurre il dolore.

Piano essenziale per i pazienti

  • Riduci l’allarme: respirazione lenta (4–6 atti al minuto), camminate quotidiane commisurate all’HRV.
  • Muovi e decontrai: esercizi di mobilità dolce, isometrici a basso carico, pause posturali.
  • Nutri il microbiota: più fibre, polifenoli e proteine di qualità, meno zuccheri ultraraffinati.
  • Allena il vago: respirazione coerente, contatto con la natura, relazioni di qualità.
  • Proteggi il sonno: routine serali, luce naturale al mattino, stop schermi la sera.
  • Integra con criterio: solo se indicato dal curante, preferendo strategie naturali antinfiammatorie.

Messaggio finale

Non sei condannato da una risonanza o da una lastra.
Se cambi l’ambiente interno fatto di stile di vita, microbiota, nervo vago e sonno, spesso cambia anche il comportamento del dolore e l’equilibrio tra colonna, dischi e muscoli.

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