Il corpo ricorda: neurobiologia dello stress e della ferita emotiva (Trauma)
“Ogni stress lascia una cicatrice indelebile” – non è solo una frase suggestiva, ma una realtà misurabile.
La neurobiologia e la psico-neuro-endocrino-immunologia (PNEI) lo confermano:
le emozioni vissute con forte intensità lasciano tracce fisiologiche nel corpo.
Attivazione del sistema nervoso autonomo
Quando viviamo un evento traumatico o un dolore emotivo intenso (come un abbandono, una perdita o un’umiliazione), il sistema nervoso autonomo reagisce come se ci trovassimo di fronte a un pericolo reale. (Spesso è lo stesso per un trauma fisico)
- Il ramo simpatico si attiva (risposta di attacco/fuga)
- Aumentano il cortisolo e la frequenza cardiaca
- La digestione si blocca, i muscoli si irrigidiscono
- Si altera l’equilibrio ormonale e si indebolisce il sistema immunitario
Questa attivazione serve per sopravvivere… ma ha un costo biologico.
Come ha detto Hans Selye, ogni stress ci fa invecchiare un po’.
HRV: il termometro del nostro equilibrio interno
La variabilità della frequenza cardiaca (HRV) è oggi considerata una delle metriche più affidabili per valutare lo stato del sistema nervoso autonomo.
Una HRV alta indica flessibilità, adattamento e recupero.
Una HRV bassa è spesso presente in soggetti stressati cronicamente o che hanno vissuto traumi.
L’HRV ci dice quanto il nostro sistema è in grado di tornare in equilibrio dopo una perturbazione.
Quando questo meccanismo si rompe, si entra in una condizione di allerta cronica: la persona è in apparenza “funzionante”, ma il corpo resta bloccato in una modalità di sopravvivenza.
Il ruolo del nervo vago
Il nervo vago è responsabile dell’attivazione del sistema parasimpatico (riposo, recupero, guarigione).
Nei soggetti con trauma non elaborato, il tono vagale è spesso basso: il corpo resta teso, anche in assenza di pericolo.
Si possono manifestrare sintomi specifici: MUS (Medically Unexplained Symptoms), o "Sintomi Medici Inspiegabili o Psicosomatci".
Interventi e strategie mirati a riattivare la regolazione autonoma e a migliorare la resilienza.
La memoria del corpo, la voce delle emozioni
Spesso pensiamo che un dolore emotivo rimanga “nel cuore”.
In realtà, il corpo lo registra in ogni sua fibra.
La psicologia del trauma ci insegna che il cervello non distingue tra un
dolore fisico e uno psicologico: entrambi possono lasciare “impronte” a
lungo termine nella nostra fisiologia e nel nostro comportamento.
Il corpo come archivio delle emozioni
Ogni emozione non espressa, ogni ferita non riconosciuta, può manifestarsi come:
- tensione cronica (spalle, mandibola, cervicale)
- blocchi digestivi o intestinali
- insonnia o iperattività mentale
- stanchezza persistente, ansia latente, somatizzazioni
- MUS
Il corpo diventa lo specchio di un’esperienza non elaborata. È come se trattenesse il respiro emotivo, e ogni sintomo diventasse una richiesta di attenzione.
Quando il linguaggio del corpo sostituisce le parole
Non sempre siamo stati educati a dare un nome alle emozioni, o a sentirci al sicuro nel mostrarle. Per questo motivo, il corpo a volte parla per noi.
Attraverso il dolore, la tensione, la fatica.
Non per punirci, ma per attirare la nostra attenzione su qualcosa che ha bisogno di essere compreso.
Il primo passo non è “togliere il sintomo”, ma ascoltarlo.
Cosa sta cercando di dire quel nodo alla gola?
Quel mal di stomaco prima di un colloquio?
Quella stanchezza che arriva senza motivo?
La guarigione comincia da un luogo sicuro
Ogni persona ha bisogno di sentirsi vista e accolta, non solo nei propri sintomi, ma nella propria storia.
La relazione terapeutica, il supporto psicologico/Coaching, le tecniche di regolazione corporea e il monitoraggio HRV aiutano a ricostruire quel senso di sicurezza perduto.
Il lavoro non è solo “curare il trauma”, ma ripristinare la capacità di stare bene nel proprio corpo, di respirare profondamente, di sentirsi presenti, integri, vivi.
CONCLUSIONE INTEGRATA
La ferita emotiva non si vede… ma il corpo la registra,
la protegge e la ricorda.
Lo stress non elaborato non scompare: si nasconde, cambia forma, a volte si
cronicizza. Ma può anche essere trasformato.
Grazie alla scienza (HRV, neuroscienze, vago) e alla relazione umana autentica, oggi abbiamo strumenti concreti per intervenire prima che una ferita diventi disfunzione.
Guarire significa integrare. Dare un senso a ciò che è accaduto. Restituire al corpo la possibilità di sentirsi sicuro, e alla mente la libertà di immaginare un futuro diverso.
Gaspare Beltrano
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